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La Magia di Febbraio

La Magia di Febbraio

Quando andavo ancora alle superiori, trascorrevo i fine settimana di febbraio a casa della nonna, per godermi la quiete della campagna nel mese più insolito del nostro calendario.
Ah febbraio! Che mese meraviglioso!
Il periodo dell’anno in cui puoi osservare la danza delle forze del Buio e quelle della Luce che si intrecciano nell’aria coi loro movimenti sinuosi. Volteggiano insieme, abbracciate l’una all’altra, dandosi il cambio della guida del ballo.
Adesso dirige l’una, adesso l’altra.
La Primavera si fa strada sfidando l’Inverno e crescono le prime pratoline in giardino. Nei boschi risuona il tamburellare del picchio e le gemme degli alberi iniziano a gonfiarsi. Lenta ma decisa, un giorno alla volta, la giovane Fanciulla avanza portando con sé la fiaccola della vita.

Ma il Signore del Freddo non si lascia intimidire. Lo dimostrano le nevicate improvvise, il profumo di brina nelle prime ore del giorno e l’odore di legno bruciato nei vicoli delle strade. “E’ troppo presto!”, lo si ascolta gemere fra la macchia, “ancora sono io il Re!”.
Soltanto a febbraio è possibile vedere la coesistenza degli opposti in azione.
Quando faceva bel tempo, nonno Giuseppe amava trascorrere le sue giornate a contatto con la terra, con le mani sporche e gli stivali infangati, ma era così testardo che pensava di poter piegare le condizioni meteo a suo volere, dimenticando le follie climatiche di questo mese.

Ormai non nevica più. Bisogna mettere le piantine, cominciava a dire fin dal giorno della Candelora, e per colpa della sua solita fretta, perdeva un sacco di tempo ogni volta che il ghiaccio notturno rovinava i suoi piani.

Mi divertivo osservandolo mentre si dava da fare. Nascosta in cucina, dietro le tende e con i piedi vicini alla vecchia stufa a legna, scoppiavo in una fragorosa risata quando da lontano lo vedevo mettersi le mani nei pochi capelli che aveva in testa perché, ancora una volta, il freddo aveva fatto una strage. Non era cattiveria la mia, ma cosa potevo fare se ogni anno vedevo sempre la stessa scena?
Poi però, quando gli era passata l’infuriata, prendeva l’apetto per andare al vivaio a comprare altre povere piante, ed io gli facevo compagnia perché sapevo che al ritorno ci saremmo fermati a fare due passi nel bosco, per osservare il suo lento risveglio e assaporare il profumo della terra impregnata d’acqua.
Ma forse, ciò che di più bello ha da offrirci febbraio è la nitidezza del suo cielo notturno. Ricordo ancora quelle notti infinite in cui restavo all’aperto, ricoperta da testa ai piedi con la borsa d’acqua calda in mano, per osservare l’immenso e lasciarmi attraversare dal chiarore stellare, in compagnia del freddo pungente e il latrato di qualche cane soltanto.
Eccolo lì, Orione, il mitico cacciatore che domina le notti invernali, con le sue cento e passa stelle dai fantasiosi nomi: “la spalla del gigante”, “la gamba del gigante”, “la combattente”, la “testa di cavallo”…

Il Cane Maggiore, col suo naso, Sirio, la stella più luminosa del cielo, che scompariva ogni tanto dietro un gruppo di nuvole passeggere, lunghe e arrotondate, che si spostavano pigre nel cielo.
E poi c’erano le “senza nome”, tutto quell’ammasso di luci scintillanti, il cui bagliore mi piombava addosso illuminando il buio del cosmo e facendomi dimenticare del freddo.
Facevo le ore piccole per osservarle, per raccontar loro i miei segreti e desideri del cuore e poi, coi piedi infreddoliti e il naso colante, mi trascinavo in cucina, a inzuppare i tozzetti della nonna nel latte caldo al sapore di miele, finché il sonno non mi costringeva ad andare a dormire.

Quanto è bello febbraio!

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