“Ciò che conta è l’Intenzione!” Mi disse la nonna quella mattina, quando irruppe nel piccolo atelier che avevo a casa sua per portarmi una fetta di crostata alle more. Soffice, tiepida e al profumo di abbracci, si scioglieva in bocca e nutriva non solo il mio corpo, ma soprattutto il mio spirito. Aveva il sapore dell’infanzia, di quell’epoca in cui l’impossibile non esisteva, e la divorai in due bocconi tappezzando il pavimento di molliche.
Le piccole e morbide dita di nonna Alberta scioglievano i nodi dei miei capelli scompigliati, mentre io, con la mia tazza di latte in mano, socchiudevo gli occhi e mi godevo il momento sospesa in una nuvola di coccole.
Quella mattina di agosto mi ero alzata prestissimo, forse prima delle cinque. Volevo ammirare la nebbia leggera che si sollevava verso le colline trasportando con sé gli odori del bosco. Desideravo vedere il sole spingersi sopra gli alberi ed ascoltare il suono del mondo al suo risveglio. Così, con un po’ di fortuna, avrei potuto finalmente trarre ispirazione per quel dipinto che, da lì a tre settimane e non un giorno di più, avrei dovuto consegnare al mio primo vero cliente, Adriano, un avvocato in pensione che da un paio di mesi aveva lasciato la città per trasferirsi in paese, a pochi chilometri da casa della nonna, e non vedeva l’ora di riempire la sua nuova dimora di quadri e oggetti fatti dagli artisti locali. A dire il vero però, io non ero proprio “locale” perché ancora facevo avanti e indietro dalla città, dove condividevo un appartamento con mia sorella, alla campagna, dove avrei voluto vivere. Il mio cuore era lì, in mezzo agli ulivi, ai ciliegi e ai rovi, e a tutte quelle piante aromatiche che, stagione dopo stagione, profumavano la vita della mia cara nonnina.
Dopo l’ultima litigata con Serena, la responsabile di quel futile negozio di abbigliamento dove lavoravo, avevo deciso che me ne sarei andata perché non ne potevo più di quella vita superficiale e dell’inutilità della mia esistenza, ma sapete come si dice: “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, ed io, a poco più di vent’anni, non avevo ancora il coraggio di mollare tutto e ricominciare, quindi mi accontentavo di qualche fine settimana in campagna ogni tanto. Adesso che ci penso, è incredibile la fatica che si fa ad abbandonare la mediocrità.
Fuori, in giardino, oltre la grande vetrata, due uccellini mangiavano dall’albero di fichi, ed io, rapita dalla magia del momento, pensai che forse avrei potuto immortalarli sullo sfondo del mio dipinto. Dopotutto l’ex avvocato, un uomo distinto e gentile, mi aveva detto che potevo dipingere ciò che volevo: dai sfogo alla tua creatività, “se lasci parlare il cuore sono certo che il tuo quadro mi piacerà“.
Ma erano giorni che le muse non mi facevano visita ed ogni mattina mi ritrovavo davanti a quella tela bianca che istante dopo istante diventava sempre più bianca. Mi sentivo impreparata, ero convinta di non essere abbastanza brava e la nonna lo sapeva. Per questo era venuta da me, con la scusa della crostata voleva darmi una mano, ma io allora non avevo capito.
“Ciò che conta è l’Intenzione” continuava a ripetere. “Lascia stare”, mi disse togliendomi dalle mani qualcosa che avevo appena preso. Mi accarezzò ancora, questa volta sulle guance, fissandomi dritto negli occhi e poi proseguì:
“Saper far bene le cose non basta. Al mondo ci sono tante persone brave, anzi, ognuno di noi è buono a fare qualcosa, perché ciascuno possiede un dono col quale fronteggiare la vita. Ciò che conta però, non è la bravura in sé ma l’Intenzione con cui le cose vengono fatte”, disse accentuando la parola intenzione, poi continuò: “e quella purtroppo non si impara e nemmeno si vede. Rimane invisibile, nascosta agli occhi profani, ma uno sguardo attento e sensibile può coglierla e sentirla non appena se la trova davanti”.
Si soffermò per sorseggiare la sua tisana alla menta, preparata con le foglioline fresche dell’orto che raccoglieva ogni mattina. Poi mi fissò, con lo sguardo seminascosto dietro gli occhiali appannati, e mi fece segno di non parlare. “Se dipingi il tuo quadro preoccupandoti se piacerà oppure no, ossessionata dalla fretta o, ancora peggio, pensando a quanti soldi guadagnerai, non sarai mai un artista. Il vero artista lavora leggero, perché sa di essere un ponte fra il cielo e la terra, un mezzo per portare la bellezza nel mondo, e per questo nulla lo turba.
Ogni cosa che facciamo, dalla più piccola alla più grande, è impregnata dell’energia con cui viene eseguita. Quell’energia si chiama Intenzione e se la utilizzi per portare lo splendore nel mondo, per servire te stessa e gli altri, non dovrai preoccuparti di nulla, come fanno gli artisti, per l’appunto.
Le muse che invochi adesso, ancora in pigiama, con i capelli pieni di nodi e le occhiaie dipinte sul volto come un’anima in pena, verranno ogni giorno da te. Sarà l’ispirazione stessa a posarsi sulla tua finestra e a riempire le tue giornate con la sua meraviglia. Quindi, che Intenzioni hai adesso? Vuoi dipingere la grazia di questi paesaggi e immortalare l’eterno sulla tua tela? Oppure preferisci preoccuparti per tutto il resto? Pensaci bene prima di rispondere, perché è l’Intenzione che determina i risultati.”
Lo scricchiolare della sua sedia mi riportò alla realtà e, come appena svegliata da un sonno profondo, notai che i colori intorno a me diventarono più vivaci, i suoni più acuti e gli odori più forti. Perfino il sapore del latte era diverso e per un istante sembrava che nello studio fosse entrato l’arcobaleno. La nonna si alzò, porgendomi le mani ed invitandomi a fare altrettanto. L’osservai un po’ sconvolta, inarcando le sopracciglia con la bocca semiaperta e accogliendo il suo invito ad uscire da quella stanza con l’aria viziata e carica delle mie incertezze. Non ero certa di aver compreso le sue parole, ma sapevo che non avrebbe detto altro.
Il giorno seguente iniziai il mio nuovo quadro.