Hai presente quella voglia di camino acceso e castagne scoppiettanti che ti assale all’improvviso?
Quel desiderio atavico di focolare, abbracci e coccole incondizionate mi riportarono indietro nel tempo, a quell’autunno di tanti anni fa, quando gli splendidi castagni del bosco dietro casa della nonna erano stati davvero generosi, ancora più abbondanti delle scorse annate di cui non potevamo certo lamentarci.
I ricordi degli ultimi pomeriggi di tepore prima dell’arrivo del freddo, quando insieme alla mamma andavamo al bosco ad attingere a tutto quel ben di Dio, mi facevano venire l’acquolina in bocca.
In quelle occasioni ciò che davvero contava non era la raccolta in sé, questa era soltanto una scusa per perpetuare la nostra tradizione “al femminile” di passare tutte insieme i vespri più magici dell’anno.
Di solito si partiva dopo pranzo, meglio ancora dopo aver fatto un pisolino, e più tardi ci raggiungeva la nonna insieme a zia Gilda a alle mie cuginette Claudia e Patrizia.
Oltre a raccogliere le castagne e a sgambare in mezzo ai cespugli non ancora del tutto appassiti, noi pargole imparavamo anche l’uso delle piante perché la natura, diceva la nonna, è una grande bottega che stagione dopo stagione ci dona efficaci rimedi per combattere ogni malanno.
Con i miei piccoli stivali di gomma, i guanti da giardiniere ed un cestino di vimini foderato con della stoffa a quadretti bianchi e rossi, camminavo dietro la mamma lungo il sentiero tappezzato di foglie secche dove si trovavano i tanto ambiti marroni. A dire il vero non ero molto efficiente nella raccolta, ma zia Gilda mi dava una mano riempiendo il mio cestino ogni tanto in modo che fosse bello pieno come quello delle altre. Così, al momento del ritorno, quando il sole iniziava a nascondersi dietro le colline, camminavo verso casa orgogliosa e a testa alta con il mio gruzzoletto di castagne, pensando che se quella sera potevamo permetterci di mangiare le caldarroste era anche grazie a me!
Se il tempo era buono (e di solito a metà ottobre ancora lo era) papà e lo zio Gabriele ci aspettavano in giardino per conviviare davanti al falò insieme ai vicini e talvolta altri parenti. Tutti contenti! Grandi e piccini! Con la pancia piena riuniti intorno al fuoco allegro e scoppiettante al profumo d’autunno.
Una volta finito il banchetto arrivava il mio momento preferito: zia Gilda intratteneva noi piccole raccontandoci una fiaba davanti ai ceppi incandescenti, anche se sono convinta che quelle storielle piacevano più a lei che a noi.
Tutte le bambine in cerchio vicine al fuoco, con gli occhi puntati verso la zia che da lì a breve avrebbe iniziato a tessere le trame di nuove avventure. Avventure con le quali ancora oggi ogni tanto ci delizia, nonostante la sua età ormai avanzata, e che custodiscono quell’antica semplicità senza la quale la mia infanzia non sarebbe stata la stessa.